6. L'esterno del santuario

Prima di entrarci, ammiriamo il santuario dall’esterno. Il professor Augusto Cavallari Murat scriveva nel 1972: “La ristrettezza del sito costrinse a creare nella roccia un allungato gradone (...). Credo che sotto aspetto urbanistico il nostro non abbia altri concorrenti santuari su tutte le Alpi piemontesi in siffatte condizioni. E neppure sotto aspetto sociale, perché qui non esiste patronato gentilizio alcuno. È il popolo, col suo slancio mistico che l'ha voluto così».

Dobbiamo l’esistenza del cristianesimo alla trasmissione della fede, fatta più da gente semplice e comune che da alti funzionari del culto. Sopravviverà fino a quando ci saranno persone che lo annunceranno. E se non ci saranno, profetizzava Gesù, ci penseranno le pietre. Non scoraggiamoci se i numeri non sono quelli del passato. Dio è più grande dei nostri modi di incontrarlo. L’uomo avrà sempre bisogno di lui.

Tra storia ed arte

Dopo l’apparizione il Garino costruisce sul luogo della visione un pilone e poi una cappella (1631) per la custodia del reliquiario. Il 16 luglio 1632 l’arcivescovo autorizza il curato di Groscavallo a benedire e officiare nella nuova cappella intitolata alla Madonna di Loreto. È chiusa, pavimentata e fornita del necessario per le sacre funzioni. È già in grande venerazione, secondo la comunità di Groscavallo.

Nel 1649 vi è un decreto arcivescovile che stabilisce l’amministrazione del curato di Groscavallo, che ha anche le chiavi, del Sindaco, di Pietro Garino e un tesoriere eletto di tre anni in tre anni. Da una relazione della visita dell’arcivescovo del 1653 è annotata l’esistenza della cappella della Vergine di Loreto e della statua lignea della Madonna, dorata e posta in una cassa di legno dipinta e ornata con due angeli. In quella del 1674 si fa cenno alla Beata Vergine del Forno come luogo tra i più venerati di tutte le valli di Lanzo e dove maggiormente confluiscono i pellegrini a chieder grazie, a far penitenza, a porger elemosina.

In una relazione parrocchiale del 1750 si parla del santuario capace di ospitare 150 persone, dotato di sacrestia, campana di 100 libre e 3 ampie camere per i sacerdoti e confessori. In quell’anno tuttavia si pongono le fondamenta di un nuovo ampliamento.

Il primo parroco di Forno (staccatosi dopo lunghe diatribe da Groscavallo) don Venera, nel 1757 riprende i lavori erigendo i muri perimetrali; sulla facciata è dipinta la data del 1758. I lavori sono a cura dei luganesi Francesco Brilli (progettista) e Bernardo Lesne (capomastro). L’edificazione è condotta a termine nel 1770 dall’architetto Giovanni Battista Gagliardi, anch’egli di Lugano.

Sono dell’Ottocento gli ampliamenti definitivi: il piccolo campanile nel 1852, il presbiterio con la balaustra ovale che racchiude l’altar maggiore, e la parte absidale in armonia col corpo esistente, su disegno di Luigi Baretta di Torino eseguito dai capimastri Pietro Roberto e Bernardo Michiardi di Migliere tra il 1869 e il 1870. Come è ancora scritto su di essa, la facciata è ultimata nel 1873.

Nei lavori di rifacimento del tetto del 1996 sono state rinforzate le travature, relativamente in buono stato, risalenti nella parte anteriore a 250 anni prima e nella parte posteriore (abside e presbiterio) a oltre 100 prima. A settembre dello stesso anno è stato eseguito il ritocco della facciata esterna.

Esterno santuario


Noi umani siamo creature in perenne cammino, siamo viandanti alla ricerca di una terra generosa